Moto Club Andrea Martinelli ASD

Valle Cannobina 17/05/2015

Come sempre gli amici del Club arrivano puntualissimi al punto di ritrovo, desiderosi di godere di una splendida giornata primaverile con caldo sole ad accompagnarci per tutta la giornata.
Questo ci consente di partire alla volta della meta e viaggiare con tranquillità, visto il percorso discretamente lungo e la colonna composta da 23 motociclette, di marche e cilindrate diverse.

Fortunatamente sino alla sosta caffè, fissata sul lago d’Orta, non si sono registrati grossi problemi legati al traffico domenicale. Da Verbania, invece, il lago Maggiore in direzione Svizzera ci costringe a velocità quasi ciclistiche, oltre all’impossibilità di effettuare sorpassi, considerando le dimensioni della carreggiata.

Arrivati al bivio di Cannobio facciamo una breve sosta e poi via, lasciando andare allegramente le moto alla scoperta di questa tortuosa strada di montagna che nessuno aveva mai percorso.

Purtroppo spesso non si ha abbastanza tempo per approfondire usi e costumi dei luoghi che visitiamo o che attraversiamo. Infatti, il comune di Gurro, arrampicato a metà strada fra i due versanti, pare sia stato abitato dalla metà del ‘500 da una comunità scozzese di soldati (per questo motivo il dialetto locale è completamente diverso da quello degli abitanti dei comuni limitrofi) che hanno lasciato anche parecchi reperti storici. Ed è così, ve lo assicuro.

Sicuramente la natura in questa parte del Piemonte la fa da padrona. Pochi e scarsamente abitati i paesi che troviamo lungo il percorso, paiono borgate ormai abbandonate.

Così per il comune di Spoccia, chiamato storpiando il nome di roccia, perché la roccia caratterizza la costruzione della chiesa (sulla roccia) e della scalinata che conduce ad essa (di roccia). Come pure diverse abitazioni costruite…. sulla roccia.

Arriviamo in perfetto orario al rifugio “ll Camoscio” di Craveggia, piccolo comune a pochi chilometri dal più noto Santa Maria Maggiore (famoso perché ogni anno vi si svolge il raduno mondiale degli spazzacamini, che da qui sono emigrati nel secolo scorso in tutta Italia).

Pare che nessuno abbia avuto da lamentarsi per la scelta dell’abbondante menù montano, ovviamente con la polenta come piatto dominante e una serie numerosissima di contorni.